Let’s Sing Correctly!
“Énekeljünk tisztán” letteralmente “Cantiamo in modo pulito” è il titolo di una raccolta di 107 esercizi a due voci scritti da Kodály nel 1941 e redatti secondo un preciso criterio come valido aiuto per sviluppare una corretta intonazione degli intervalli secondo quest’ordine:
- ottava
- unisono
- quinta giusta
- quarta giusta
- seconda maggiore
- seconda minore
- terza minore
- terza maggiore
- sesta
- settima
Tale raccolta esprime fedelmente il pensiero pedagogico di Kodály, esplicato anche nella premessa in cui l’autore enfatizza come una corretta intonazione, da cui derivano il colore e la brillantezza del timbro di un coro, possa essere raggiunta solo attraverso un’accurata e graduale pratica del canto a due voci senza pianoforte:
“.. i primi passi dei principianti nell’infinito reame dei suoni dovrebbe essere supportato esclusivamente da un’altra voce, e non da uno strumento ad accordatura temperata e di diverso colore timbrico (come il pianoforte)..”
Kodály puntualizza inoltre come il tradizionale “metodo della scala di Do maggiore” sia nocivo alllo sviluppo di una corretta intonazione, e come ogni intervallo debba essere memorizzato separatamente e considerato nella sua particolare caratteristica funzione tonale. La scala potrà essere cantata correttamente solo quando saranno stabiliti anticipatamente e con sicurezza i suoi “pilastri” ossia le note della scala pentatonica: C, D, E, G, A (do-re-mi-sol-la). I semitoni, prima il fa e poi il ti (il nostro si), saranno praticati in un secondo momento, dopo che i toni interi saranno cantati in modo sicuro.
Un altro argomento trattato nella premessa ai 107 esercizi a due voci riguarda la capacità di “immaginare” il suono prima di emetterlo, di immaginarne non solo l’altezza, ma anche il colore ed il modo d’attacco, e di sentire mentre si canta un suono anche il successivo mediante l’orecchio interiore.
A proposito di tutto ciò vi voglio raccontare qualche aneddoto tratto dalla esperienza vissuta da me all’Istituto Kodály di Kecskemét…primo giorno di lezione, test di ingresso…immaginate il mio smarrimento, da italiana abituata ai solfeggi parlati, nel trovarmi di fronte una breve melodia da cantare usando come riferimento esclusivamente il suono del diapason, per non parlare dello smarrimento nella prova dei dettati (suonati dall’inizio alla fine per favorire lo sviluppo della memoria musicale e del senso della frase, suonati a due voci, e anche a quattro, e persino atonali). In tutti i corsi, dal “solfege” alla direzione di coro, al canto corale lo strumento sempre ammesso, al contrario del pianoforte, è il diapason, la “Hang-villa”, forchetta (villa) del suono (hang), primo oggetto comprato a Kecskemét subito dopo il test d’ingresso e prime due parole imparate in ungherese!
Grazie a questa “forchetta del suono” possiamo ricavare qualsiasi altro suono usando proprio l’immaginazione musicale, attivando l’orecchio interno e l’orecchio relativo, e muovendo gli ingranaggi della mente musicale. Molti dei miei freschi ricordi dei tre anni all’Istituto Kodály sono legati alla difficoltà e al grande sforzo nell’affrontare questo tipo di studio ma anche alla soddisfazione e al benessere di studiare musica sempre e solo con la musica in un percorso in cui anche la teoria si fa pratica, perchè è sempre svolta attraverso il canto e sempre attraverso il repertorio musicale stile per stile e mai con aridi esercizi.
Il miracolo della voce: il Coro Aurin della Scuola Kodály di Kecskemét: